La carenza e l’aumento dei costi delle materie prime preoccupano le imprese ormai da diversi mesi: se inizialmente erano i componenti elettronici a mancare, via via si sono aggiunti anche il legno, la plastica, l’alluminio, il gas e tanti altri prodotti fondamentali per l’economia e la stabilità di molti paesi. Fra questi anche la carta che è arrivata a costare fino al 70% in più rispetto al 2020 e che ora sembra sempre più difficile da reperire. Se per molti materiali si parla ancora di difficoltà di approvvigionamento, per la carta e il cartone c’è chi ha parlato di una vera e propria “guerra” innescata dai fermi produttivi imposti dalla pandemia, il cui perdurare però ha radici più profonde e diversi fattori scatenanti.
I mesi di lockdown hanno
rallentato o in certi casi arrestato la produzione, rallentando i trasporti e
la logistica, ma allo stesso tempo hanno dato un’accelerata all’e-commerce che
ha richiesto sempre più packaging, soprattutto in carta e cartone. A ciò si
aggiunge il progressivo abbandono da parte delle imprese degli imballaggi in plastica
in favore di quelli in carta: un processo che è iniziato già da diversi anni e
che via via ha richiesto sempre più materia prima per soddisfare la richiesta
del mercato. La domanda quindi è alta, ma altrettanto non si può dire dell’offerta
che oltre agli stop produttivi forzati e alle quarantene ha dovuto fare i conti
anche con un clima non favorevole: estate torrida, inverno rigido, incendi
diffusi hanno ridotto notevolmente la possibilità di approvvigionarsi non solo dei
materiali necessari, ma anche delle risorse per produrre le materie prime
stesse, tra cui appunto la carta che richiede un notevole consumo di energia. In
molti hanno definito questa coesistenza di fattori scatenanti come una “tempesta
perfetta” che inizia dal caro bollette per le cartiere, costrette a rallentare
la produzione per non andare in perdita, fino alle imprese e al consumatore finale
che vedono i prezzi aumentare di continuo.
In questa lotta chi soffre di più
sono le piccole-medie imprese che, al contrario dei grandi Gruppi, non sempre
hanno un potere contrattuale forte o una riserva alle spalle che permetta loro
di vivere di rendita: molte aziende, attive non solo nel campo del packaging ma
anche per esempio nell’editoria, sono costrette a restare “in fondo alla fila”
in attesa di sapere quando arriverà il loro turno. Nel frattempo, il governo cerca
di tamponare investendo qualche risorsa, in attesa che l’Unione Europea si
muova per fermare i rincari e la speculazione internazionale sui costi dell’energia,
intanto però il rischio di bloccare intere filiere produttive è sempre più
concreto e la situazione, già fuori controllo, potrebbe aggravarsi
ulteriormente.